“Questa è la terra promessa, nella campagna si vedono festoni di viti attaccati agli alberi con sparsi grappoli di uva assai più belli di quelli che gli Ebrei portarono a Mosè.” Correva l’anno 1808 e Carolina Bonaparte, ultima sorella di Napoleone Bonaparte, scriveva dall’agro aversano queste parole al suo consorte Gioacchino Murat.
La storia delle viti di Asprinio maritate con olmi e pioppi, alte fino a 20 metri, è però storia ben più antica risalente alla coltivazione della vite presso le popolazioni etrusche. Questi popoli erano soliti infatti coltivare le viti appoggiandole ad alberi di alto fusto.
Le viti si attorcigliavano attorno ai fusti degli alberi (“maritavano”) e crescevano in altezza.
La stessa produzione di spumanti va fatta risalire a Roberto d’Angiò (1277- 1343) che avrebbe chiesto al cantiniere della Casa Reale Louis Pierrefeu di individuare nell’agro aversano un luogo dove coltivare uve per la produzione di vini champagne senza farli pervenire dalla Francia.
A metà dell’ottocento la famiglia Cosentino acquisì alcuni ettari in territorio di Casal di Principe di queste antichissime piantagioni e tutt’oggi con Cantine Bonaparte curano queste piante bicentenarie e da alcune di esse danno vita a nuovi impianti. La vendemmia avviene, ovviamente assolutamente a mano con manodopera specializzata.
Questi uomini che si arrampicano su scale strettissime fatte su misura per ciascuno di loro mettendo in antichi cesti, come si fa dalla notte dei tempi, i grappoli dorati dell’Asprinio. Questi uomini hanno il soprannome di “uomini ragno” da ben prima che esistesse il famoso super eroe dei fumetti. Mario Soldati, grande scrittore italiano, definiva l’Asprinio di Aversa con queste parole
“L’Asprinio profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta… Che grande piccolo vino!”